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EDITORIALE_La triste università italiana produce gli stanchi del domani

di Giuliano Da Empoli

Sono anni, ormai, che tutte le ricerche comparative sulle università dei paesi industrializzati ci ripetono che le nostre sono tra le peggiori. Qualunque criterio si adotti [dalle competenze degli studenti alla produttività dei professori, dalla dotazione infrastrutturale alla percentuale degli abbandoni] il risultato è sempre lo stesso: siamo in fondo alla classifica.
Al di là dei dati obiettivi, però, a me pare che il dato più preoccupante sia un altro. Lasciamo perdere, per un momento, gli indicatori e le statistiche: il vero dramma dell’università italiana è l’atmosfera che si respira nei suoi corridoi. Volendola riassumere in due parole, la si potrebbe chiamare una cultura della rassegnazione. Studenti annoiati che ciondolano tra i corridoi scambiandosi leggende metropolitane sulla severità dell’uno o dell’altro professore. Impiegati che si aggirano come fantasmi e si dissolvono non appena c’è da fornire la più elementare delle informazioni. Ogni tanto passa un anziano cattedratico seguito da uno stuolo di assistenti quarantenni, rassegnati anch’essi ad una vita da 1200 euro al mese, quando va bene.

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David Lynch. Atmosfere inquietanti

curato da Enea Pilastro e Stefano Sabatino, (m.i.m.o special guests)

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La mostra nasce dall’accumulo di quadri, cartelle etichettate che contengono quantità di disegni, scatole d’archivio piene di fotografie. Questa collezione molto ben conservata risale agli anni del liceo e fino ad oggi non è mai stata esposta. Presentate da Hervé Chandès, direttore della Fondation Cartier, queste opere sono riunite in un allestimento ideato da David Lynch stesso.I quadri sono appesi a grandi telai metallici rivestiti con tende; i film di animazione sono proiettati in una sala cinematografica in miniatura che richiama Eraserhead (1977); a chiudere la mostra un disegno dell’artista rappresentante un salotto è trasformato in una ricostruzione a grandezza naturale. Queste installazioni costituiscono un allestimento in cui il visitatore può entrare in contatto con un nuovo aspetto dell’immaginario di David Lynch, in un’atmosfera che non appartiene che a lui.

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La vita degli altri, L’architettura e lo spionaggio

Curato da Camila Remirez (m.i.m.o special Guest)

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“Costruiono per i tiranni o contribuiono alla suburbanizzazione insostenibile, gli architetti hanno così poco controllo sulle mutazioni urbane come i politici corrotti e gli sviluppatori avidi”.[1]

Luis Fernández Galiano, Giornale “El País”, 8.01.2007

Nessuno è esente da questa frase; Galiano ci spaventa, soprattutto perché sappiamo che la crisi nel lavoro di architetto sotto le forze politiche pubbliche e private avrà un impatto sulle nostre decisioni e azioni sulla città, che non saranno più interamente nostre. Questo ci scoraggia. Ci chiediamo allora, in che luoghi l’architetto opera come autore delle proprie decisioni?

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